Elezioni CSM 2022
Sono stata nominata magistrato con il DM dell'11/7/1999 ed ho svolto
il periodo di uditorato senza funzioni presso il Tribunale di Roma.
Ho assunto le funzioni il 28/4/2001 in Procura presso il Tribunale di
Gela (CL) dove per circa 16 anni ho svolto le funzioni di pubblico ministero.
Ho scelto Gela, sede di confine e nota per l'alto tasso di criminalità, anche
organizzata, perché convinta che mi avrebbe regalato una esperienza importante:
cosa che si è puntualmente verificata. In tutti quegli anni, difficili ma veramente
formativi, mi sono occupata di tutte le fattispecie penalistiche (non esistono
a Gela settori di specializzazione essendo una piccola Procura); molte
indagini, hanno riguardato i reati ambientali, in virtù della presenza sul
territorio di un polo petrolchimico. Una
di queste indagini ha determinato interventi legislativi (mi riferisco alla
vicenda del Pet coke) e l'interlocuzione con la Corte di giustizia Europea.
In quel periodo, prima del cambio di direzione della Procura, ho
spesso, e per periodi non brevissimi, svolto le funzioni di procuratore capo,
nonostante fossi alla mia prima esperienza professionale. Ciò mi ha permesso di
osservare l'ufficio sotto tutt'altra prospettiva.
La permanenza a Gela tutti quegli anni è stata determinata solo ed
esclusivamente da esigenze di servizio, essendo una sede di confine, in perenne
scopertura, sostenuta solo dalla presenza dei giovani magistrati, assegnati in
prima nomina. Nel 2008 avevo chiesto ed ottenuto il trasferimento il
trasferimento alla Procura dei Minori di Catania, scegliendo poi-senza che ci
fosse alcuno spostamento di fatto- il ritrasferimento a Gela d’ufficio perché a
copertura necessaria; in ragione del mio trasferimento la Procura sarebbe
rimasta con un solo sostituito in organico, oltre al Procuratore capo.
Nel 2015 ho deciso di cambiare funzioni e, in considerazione
dell'incompatibilità territoriale ad esercitare le funzioni giudicanti penali
in Sicilia, su mia domanda, dopo avere ottenuto il parere favorevole del
Consiglio giudiziario di Caltanissetta, sono stata trasferita al Tribunale di
Firenze dove sono stata assegnata alla seconda sezione penale e dove mi sono
occupata (e mi occupo da circa 7 anni) dei reati di contro la violenza di
genere, contro i minori e reati contro la sfera sessuale, oltre a tutta una
serie di reati specialistici assegnati alla sezione. Nei primi anni tra le
competenze del collegio, cui ero stata assegnata, vi erano anche i reati contro
la pubblica amministrazione.
In tutti questi anni, non ho mai svolto alcuna attività associativa,
né ho ricoperto altri incarichi, salvo quello di componente del Consiglio
Giudiziario e di Presidente della Commissione per le pari opportunità, presso
la Corte di Appello di Caltanissetta.
Passando
all'occasione per cui vi sto scrivendo, devo premettere che non ho mai pensato di
candidarmi per le elezioni al CSM e che non sono iscritta ad alcuna corrente.
Ho sempre guardato tutto come se fosse "altro da me" qualcosa da
guardare alla finestra come se non mi riguardasse personalmente. Questo secondo
me, come forse per tanti altri colleghi, impegnati giornalmente e totalmente
assorbiti nel proprio lavoro, è stato l'errore più grande che io abbia potuto
fare. Come diversi colleghi, alcuni a me molto vicini, mi sono spesso limitata
a lamentarmi di quello che mi accadeva intorno senza però mai pensare di
contribuire a migliorare la situazione, come se la soluzione dovesse arrivare
da altri.
Poche settimane fa ho ricevuto la notizia di essere stata sorteggiata,
per il Comitato Altra Proposta, della lista Giudici, collegio n. 2 (Lazio,
Toscana, Umbria e Liguria) per partecipare alla competizione elettorale per
l'elezione dei componenti del Consiglio Superiore della Magistratura; considerati i tempi oramai stretti, a cui si
aggiunge il periodo estivo che non aiuta, ho pensato in mancanza delle
condizioni per organizzare incontri in presenza, di presentarmi tramite questa
breve mail.
Quando mi è stata proposta questa candidatura non vi nascondo che per
qualche giorno sono stata in dubbio, ma poi ho deciso di accettare,
interpretando l'occasione datami dal sorteggio (non credo che altrimenti avrei
mai potuto aspirare di partecipare a tale competizione) come un'occasione di
confronto e come la possibilità di offrire il mio contributo ai tanti problemi
che affliggono la magistratura e che incidono sullo svolgimento del lavoro di
ciascuno di noi.
Non mi soffermerò, sulle principali problematiche perché note e comuni
a tutti, basti qui citarne alcuni che per importanza influiscono sul lavoro e
sulla progressione di carriera dei colleghi:
1. il problema delle
sedi di confine, quasi sempre in sofferenza per la carenza di personale, sia
giudiziario che amministrativo; problema che si è cercato di affrontare tramite
incentivi economici che però non hanno assicurato la presenza stabile sul
territorio di colleghi per un tempo sufficiente ad elaborare un qualsiasi
programma duraturo di lavoro (ho potuto sperimentare di persona e per lungo
tempo quanto sia difficile lavorare in tali condizioni);
2. la necessità di
una maggiore attenzione ai procedimenti disciplinari relativi ai colleghi, in
molti casi non adeguatamente valutati;
3. il problema delle
nomine negli uffici direttivi e semi-direttivi, che poi si ricollega alla
necessità di impedire che molte sedi rimangano privi di una guida per lunghi
periodi;
4. gli incarichi,
indiscriminati, dei fuori ruolo: il che non significa abolire tutti i fuori
ruolo anche perché alcuni fuori ruolo soprattutto internazionali, esigono la
qualifica di magistrato, ma riducendo solo quelli non necessari e soprattutto
escludendo quelli di natura fiduciaria politica che sicuramente non fanno bene
all'immagine della magistratura. Al riguardo bisognerebbe rendere le procedure
amministrative di nomina trasparenti in modo da consentire a tutti i colleghi
interessati a tale esperienza lavorativa di parteciparvi. Ancora la valutazione
di tale esperienza, sicuramente formativa, non può essere privilegiata rispetto
a chi abbia sempre esercitato le funzioni giurisdizionali. E' vero che in tale
direzione vi sono stati negli ultimi anni vari interventi del Consiglio
Superiore, ma l'attuazione concreta dei provvedimenti emanati fatica a
decollare.
In questa sede vorrei soprattutto sottolineare, ritenendolo un sentire
diffuso, come il CSM, che secondo il dettato costituzionale è l'organo di
autotutela e autogoverno della magistratura, venga percepito, oramai da tempo,
da una buona parte di noi quasi come una "controparte" lontana e
talvolta ostile. Si è venuta a creare una distanza, innaturale, tra la nostra
massima autorità ed i magistrati.
Gli innumerevoli ricorsi avverso le decisioni del nostro organo di
autogoverno ne sono la prova più evidente; anche perché molti di quei ricorsi
vengono poi accolti, con relativo annullamento del provvedimento impugnato, da
parte del competente organo amministrativo. Ciò apre sicuramente un duplice
ordine di problemi: la riconferma di tali provvedimenti con motivazione del
tutto sovrapponibile (c.d. elusione del giudicato) che vanifica di fatto gli
effetti del ricorso del magistrato, e al contempo offre un panorama davvero
desolante sulla qualità dei provvedimenti del Consiglio superiore della
Magistratura, che non sempre paiono inspirarsi al rispetto di tutte le norme
che dovrebbero presiedere l'esercizio dell'attività amministrativa del settore.
Per l'importanza delle funzioni che il CSM è chiamato a svolgere e per
l'incidenza delle sue decisioni sulla vita lavorativa dei magistrati, i
provvedimenti emanati dal Consiglio devono essere improntati ai principi di
correttezza e trasparenza, qualunque sia la decisione da adottare.
Tra gli argomenti, spesso oggetto di attenzione durante i confronti
elettorali, quello più caldeggiato è relativo al carico di lavoro dei
magistrati, che tocca tutti noi da vicino.
Tutti sono d'accordo che il carico di lavoro è eccessivo, che occorra
porvi rimedio, ma ciclicamente nulla cambia.
Questo argomento invece, una volta posto tra le priorità da
affrontare, va trattato con la massima serietà tenendo presente che i colleghi
spesso sono costretti a lavorare anche durante le ferie, per evitare scadenze e
per mantenersi sui livelli quantitativi richiesti. Peraltro, questo non può che
ripercuotersi sulla qualità del lavoro. Stiamo diventando delle macchine per
produrre sentenze. Più produci più sei bravo, più fascicoli fai uscire dal tuo
ufficio più sei efficiente. Oramai siamo governati dalle statistiche.
Questo modus procedendi crea inevitabilmente un corto circuito tra
magistrati ed istituzioni, oltre che, ancora più importante, tra giustizia e
cittadini.
Questo è sicuramente l'argomento principe da affrontare se si vuole
una giustizia efficiente ed utile, non perdendo mai di vista che la giustizia è
prima di ogni altra cosa un servizio da rendere alla società.
Sicuramente la proposta di individuare gli standard di rendimenti di
cui all'art. 11 co 2 lett.b) e co3 lett. e) del d.l.vo 5 aprile 2006 n.
160, così come quella del "carico
unico nazionale", sono vie percorribile che però, da sole, a mio parere, non porteranno ai risultati sperati, così come
nessun altro palliativo di questa portata.
Per risolvere il problema si deve passare necessariamente attraverso
l'interlocuzione governativa e quindi legislativa che metta in campo interventi
seri per dotare la magistratura italiana di strumenti di lavoro adeguati (in
termini di personale, sia giudiziario che amministrativo, che di beni
strumentali) e che non si risolvano nell'assegnazione agli uffici giudiziari
degli UPP o dei magistrati onorari.
E' necessario stabilire una volta per tutte quanti giudici occorrono
in pianta stabile per far funzionare il servizio, oltre al personale
amministrativo; e ciò anche in rapporto al territorio di riferimento.
Migliorare le condizioni di lavoro dei magistrati, significa migliorare
il servizio che siamo tenuti a dare al cittadino. Anche perché questo significa
recuperare credibilità.
E' proprio in questo contesto che vorrei riuscire a dare il mio
contributo onesto, trasparente ed imparziale all'attività di autogoverno del
CSM, affinché sia sottratto a quelle logiche che tanti danni hanno procurato
alla magistratura negli anni.
Occorre uno sguardo nuovo nelle istituzioni che tenga conto del
merito, delle capacità, ma anche della fatica di ognuno di noi.
Perché questo seme di cambiamento possa crescere ho bisogno del
sostegno di voi tutti.
Visti i tempi stretti, non potrò incontrarvi di persona, ma sono
disponibile a colloquiare con ciascuno di voi per qualsiasi suggerimento o
approfondimento di programma.
La magistratura ha bisogno di recuperare la credibilità perduta,
attraverso competenza, trasparenza e umanità.
Ringrazio fin d'ora
ciascuno di voi.
Serafina
Cannatà
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