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Elezioni CSM 2022

 

Sono Serafina Cannatà ed attualmente svolgo le funzioni di giudice penale presso il Tribunale di Firenze. Ho maturato la V valutazione di professionalità nel luglio del 2019, con provvedimento positivo del CSM del 2020.

Sono stata nominata magistrato con il DM dell'11/7/1999 ed ho svolto il periodo di uditorato senza funzioni presso il Tribunale di Roma.

Ho assunto le funzioni il 28/4/2001 in Procura presso il Tribunale di Gela (CL) dove per circa 16 anni ho svolto le funzioni di pubblico ministero. Ho scelto Gela, sede di confine e nota per l'alto tasso di criminalità, anche organizzata, perché convinta che mi avrebbe regalato una esperienza importante: cosa che si è puntualmente verificata. In tutti quegli anni, difficili ma veramente formativi, mi sono occupata di tutte le fattispecie penalistiche (non esistono a Gela settori di specializzazione essendo una piccola Procura); molte indagini, hanno riguardato i reati ambientali, in virtù della presenza sul territorio di un polo petrolchimico.  Una di queste indagini ha determinato interventi legislativi (mi riferisco alla vicenda del Pet coke) e l'interlocuzione con la Corte di giustizia Europea.

In quel periodo, prima del cambio di direzione della Procura, ho spesso, e per periodi non brevissimi, svolto le funzioni di procuratore capo, nonostante fossi alla mia prima esperienza professionale. Ciò mi ha permesso di osservare l'ufficio sotto tutt'altra prospettiva.

La permanenza a Gela tutti quegli anni è stata determinata solo ed esclusivamente da esigenze di servizio, essendo una sede di confine, in perenne scopertura, sostenuta solo dalla presenza dei giovani magistrati, assegnati in prima nomina. Nel 2008 avevo chiesto ed ottenuto il trasferimento il trasferimento alla Procura dei Minori di Catania, scegliendo poi-senza che ci fosse alcuno spostamento di fatto- il ritrasferimento a Gela d’ufficio perché a copertura necessaria; in ragione del mio trasferimento la Procura sarebbe rimasta con un solo sostituito in organico, oltre al Procuratore capo.

Nel 2015 ho deciso di cambiare funzioni e, in considerazione dell'incompatibilità territoriale ad esercitare le funzioni giudicanti penali in Sicilia, su mia domanda, dopo avere ottenuto il parere favorevole del Consiglio giudiziario di Caltanissetta, sono stata trasferita al Tribunale di Firenze dove sono stata assegnata alla seconda sezione penale e dove mi sono occupata (e mi occupo da circa 7 anni) dei reati di contro la violenza di genere, contro i minori e reati contro la sfera sessuale, oltre a tutta una serie di reati specialistici assegnati alla sezione. Nei primi anni tra le competenze del collegio, cui ero stata assegnata, vi erano anche i reati contro la pubblica amministrazione.

In tutti questi anni, non ho mai svolto alcuna attività associativa, né ho ricoperto altri incarichi, salvo quello di componente del Consiglio Giudiziario e di Presidente della Commissione per le pari opportunità, presso la Corte di Appello di Caltanissetta.

Passando all'occasione per cui vi sto scrivendo, devo premettere che non ho mai pensato di candidarmi per le elezioni al CSM e che non sono iscritta ad alcuna corrente. Ho sempre guardato tutto come se fosse "altro da me" qualcosa da guardare alla finestra come se non mi riguardasse personalmente. Questo secondo me, come forse per tanti altri colleghi, impegnati giornalmente e totalmente assorbiti nel proprio lavoro, è stato l'errore più grande che io abbia potuto fare. Come diversi colleghi, alcuni a me molto vicini, mi sono spesso limitata a lamentarmi di quello che mi accadeva intorno senza però mai pensare di contribuire a migliorare la situazione, come se la soluzione dovesse arrivare da altri.

Poche settimane fa ho ricevuto la notizia di essere stata sorteggiata, per il Comitato Altra Proposta, della lista Giudici, collegio n. 2 (Lazio, Toscana, Umbria e Liguria) per partecipare alla competizione elettorale per l'elezione dei componenti del Consiglio Superiore della Magistratura;  considerati i tempi oramai stretti, a cui si aggiunge il periodo estivo che non aiuta, ho pensato in mancanza delle condizioni per organizzare incontri in presenza, di presentarmi tramite questa breve mail.

Quando mi è stata proposta questa candidatura non vi nascondo che per qualche giorno sono stata in dubbio, ma poi ho deciso di accettare, interpretando l'occasione datami dal sorteggio (non credo che altrimenti avrei mai potuto aspirare di partecipare a tale competizione) come un'occasione di confronto e come la possibilità di offrire il mio contributo ai tanti problemi che affliggono la magistratura e che incidono sullo svolgimento del lavoro di ciascuno di noi.

Non mi soffermerò, sulle principali problematiche perché note e comuni a tutti, basti qui citarne alcuni che per importanza influiscono sul lavoro e sulla progressione di carriera dei colleghi:

1. il problema delle sedi di confine, quasi sempre in sofferenza per la carenza di personale, sia giudiziario che amministrativo; problema che si è cercato di affrontare tramite incentivi economici che però non hanno assicurato la presenza stabile sul territorio di colleghi per un tempo sufficiente ad elaborare un qualsiasi programma duraturo di lavoro (ho potuto sperimentare di persona e per lungo tempo quanto sia difficile lavorare in tali condizioni);

2. la necessità di una maggiore attenzione ai procedimenti disciplinari relativi ai colleghi, in molti casi non adeguatamente valutati;

3. il problema delle nomine negli uffici direttivi e semi-direttivi, che poi si ricollega alla necessità di impedire che molte sedi rimangano privi di una guida per lunghi periodi;

4. gli incarichi, indiscriminati, dei fuori ruolo: il che non significa abolire tutti i fuori ruolo anche perché alcuni fuori ruolo soprattutto internazionali, esigono la qualifica di magistrato, ma riducendo solo quelli non necessari e soprattutto escludendo quelli di natura fiduciaria politica che sicuramente non fanno bene all'immagine della magistratura. Al riguardo bisognerebbe rendere le procedure amministrative di nomina trasparenti in modo da consentire a tutti i colleghi interessati a tale esperienza lavorativa di parteciparvi. Ancora la valutazione di tale esperienza, sicuramente formativa, non può essere privilegiata rispetto a chi abbia sempre esercitato le funzioni giurisdizionali. E' vero che in tale direzione vi sono stati negli ultimi anni vari interventi del Consiglio Superiore, ma l'attuazione concreta dei provvedimenti emanati fatica a decollare.

In questa sede vorrei soprattutto sottolineare, ritenendolo un sentire diffuso, come il CSM, che secondo il dettato costituzionale è l'organo di autotutela e autogoverno della magistratura, venga percepito, oramai da tempo, da una buona parte di noi quasi come una "controparte" lontana e talvolta ostile. Si è venuta a creare una distanza, innaturale, tra la nostra massima autorità ed i magistrati.

Gli innumerevoli ricorsi avverso le decisioni del nostro organo di autogoverno ne sono la prova più evidente; anche perché molti di quei ricorsi vengono poi accolti, con relativo annullamento del provvedimento impugnato, da parte del competente organo amministrativo. Ciò apre sicuramente un duplice ordine di problemi: la riconferma di tali provvedimenti con motivazione del tutto sovrapponibile (c.d. elusione del giudicato) che vanifica di fatto gli effetti del ricorso del magistrato, e al contempo offre un panorama davvero desolante sulla qualità dei provvedimenti del Consiglio superiore della Magistratura, che non sempre paiono inspirarsi al rispetto di tutte le norme che dovrebbero presiedere l'esercizio dell'attività amministrativa del settore.

Per l'importanza delle funzioni che il CSM è chiamato a svolgere e per l'incidenza delle sue decisioni sulla vita lavorativa dei magistrati, i provvedimenti emanati dal Consiglio devono essere improntati ai principi di correttezza e trasparenza, qualunque sia la decisione da adottare.

Tra gli argomenti, spesso oggetto di attenzione durante i confronti elettorali, quello più caldeggiato è relativo al carico di lavoro dei magistrati, che tocca tutti noi da vicino.

Tutti sono d'accordo che il carico di lavoro è eccessivo, che occorra porvi rimedio, ma ciclicamente nulla cambia.

Questo argomento invece, una volta posto tra le priorità da affrontare, va trattato con la massima serietà tenendo presente che i colleghi spesso sono costretti a lavorare anche durante le ferie, per evitare scadenze e per mantenersi sui livelli quantitativi richiesti. Peraltro, questo non può che ripercuotersi sulla qualità del lavoro. Stiamo diventando delle macchine per produrre sentenze. Più produci più sei bravo, più fascicoli fai uscire dal tuo ufficio più sei efficiente. Oramai siamo governati dalle statistiche.

Questo modus procedendi crea inevitabilmente un corto circuito tra magistrati ed istituzioni, oltre che, ancora più importante, tra giustizia e cittadini.

Questo è sicuramente l'argomento principe da affrontare se si vuole una giustizia efficiente ed utile, non perdendo mai di vista che la giustizia è prima di ogni altra cosa un servizio da rendere alla società.

Sicuramente la proposta di individuare gli standard di rendimenti di cui all'art. 11 co 2 lett.b) e co3 lett. e) del d.l.vo 5 aprile 2006 n. 160,  così come quella del "carico unico nazionale", sono vie percorribile che però, da sole,  a mio parere, non  porteranno ai risultati sperati, così come nessun altro palliativo di questa portata.  Per risolvere il problema si deve passare necessariamente attraverso l'interlocuzione governativa e quindi legislativa che metta in campo interventi seri per dotare la magistratura italiana di strumenti di lavoro adeguati (in termini di personale, sia giudiziario che amministrativo, che di beni strumentali) e che non si risolvano nell'assegnazione agli uffici giudiziari degli UPP o dei magistrati onorari.

E' necessario stabilire una volta per tutte quanti giudici occorrono in pianta stabile per far funzionare il servizio, oltre al personale amministrativo; e ciò anche in rapporto al territorio di riferimento.

Migliorare le condizioni di lavoro dei magistrati, significa migliorare il servizio che siamo tenuti a dare al cittadino. Anche perché questo significa recuperare credibilità.

E' proprio in questo contesto che vorrei riuscire a dare il mio contributo onesto, trasparente ed imparziale all'attività di autogoverno del CSM, affinché sia sottratto a quelle logiche che tanti danni hanno procurato alla magistratura negli anni.

Occorre uno sguardo nuovo nelle istituzioni che tenga conto del merito, delle capacità, ma anche della fatica di ognuno di noi.

Perché questo seme di cambiamento possa crescere ho bisogno del sostegno di voi tutti.

Visti i tempi stretti, non potrò incontrarvi di persona, ma sono disponibile a colloquiare con ciascuno di voi per qualsiasi suggerimento o approfondimento di programma.

La magistratura ha bisogno di recuperare la credibilità perduta, attraverso competenza, trasparenza e umanità.

Ringrazio fin d'ora ciascuno di voi.

Serafina Cannatà

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